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SULLE ORME DI NICOLO' RUSCA - CRONACA DEL PELLEGRINAGGIO

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COMITATO NICOLO’ RUSCA
UFFICIO PELLEGRINAGGI DIOCESI DI COMO
VICARIATO SONDRIO-VALMALENCO

Pellegrinaggio breve: Sondrio – Passo del Muretto 1 – 2 settembre
Pellegrinaggio lungo: Sondrio – Thusis 1 – 5 settembre

Vedi la locandina del pellegrinaggio

SABATO 1 SETTEMBRE
Alle ore 7,15 un buon numero di fedeli, tra cui i pellegrini, si ritrovano nella chiesa dei SS. Gervasio e Protasio di Sondrio ( m. 298) per la celebrazione della Santa Messa. Concelebrano l’arciprete di Sondrio mons. Marco Zubiani, don Tullio Schivalocchi arciprete di Montagna, don Alfonso Rossi prevosto di Chiesa in Valmalenco e di Primolo. Si prega per il vescovo Diego nella memoria liturgica dei Santi Vescovi della Diocesi di Como. All’omelia don Alfonso, commentando il vangelo ( Mt. 25, 14 – 30), spiega come i talenti sono i diversi giorni ( uno, due, cinque), che ognuno potrà vivere durante il pellegrinaggio come occasione e Grazia del Signore per fare gruppo, pregare, ammirare la natura, ricordare Nicolò Rusca arciprete di Sondrio e della Valmalenco.
Dopo la S. Messa e una veloce colazione, il gruppo di circa trenta persone tra cui il sindaco di Chiesa in Valmalenco dottoressa Miriam Longhini, si compatta per la foto di gruppo. Gli zaini pesanti vengono caricati sul pulmino della Associazione Bianco guidato da Pietro Pedrotti. Ci avrebbe sempre accompagnato nel viaggio fino a Thusis per il carico bagagli e per dare un passaggio ai pellegrini stanchi. Si fa conoscenza reciproca ( il gruppo eterogeneo va dai 77 ai 14 anni!) e si imbocca il Sentiero Rusca lungo via Scarpatetti. Nella Sondrio ancora addormentata, chi sa dell’iniziativa si affaccia alla finestra e saluta. Per questo tratto di strada guida il gruppo Martelli Nicola; per tutti i cinque giorni però il passo da montanaro, cadenzato e costante, è segnato da don Alfonso.
A Ponchiera si prega davanti alla chiesa della S.S. Trinità e don Alfonso ricorda l’incontro tra Nicolò Rusca prigioniero e legato sotto la pancia del cavallo ( così dice la tradizione malenca) e il curato di Lanzada don Giovanni Cilichini. La breve relazione spiega anche che in Valmalenco quali collaboratori del Rusca esercitavano il ministero, oltre il Cilichini, due preti di grande cultura ed esempio di vita: don Andrea Sasso, purtroppo morto prematuramente a soli 29 anni e lo storico don Giovanni Tuana. Un accenno viene riservato anche ai ministri riformati Scipione Calandrino, Marcantonio Alba, Gaudenzio Tackh presenti a quel tempo a Sondrio e in Valmalenco.
Altra sosta è davanti alla poco conosciuta chiesa di Sant’Andrea Avellino dalla facciata incompleta, un tempo appartenente alla parrocchia di Montagna e ora di proprietà privata e non più adibita al culto.
Attraversando un bosco suggestivo anche se interessato da una frana, si giunge ad Arquino, si attraversa il Mallero che rumoreggia tra le sovrastanti marmitte dei giganti e si sale lungo l’ampio sentiero tra le vigne chiamato anche “ Piccolo Stelvio” perché si pensa l’abbia tracciato l’ingegnere Carlo Donegani per realizzare su scala ridotta la più famosa strada della Valle del Braulio.
Giunti a Cà Cescina, è la stessa guida che spiega le notizie riportate sopra e tiene un breve relazione sulle antiche strade che congiungevano Sondrio con la Valmalenco. Il cielo nuvoloso che minaccia acqua non spegne l’entusiasmo e la voglia di camminare.
Giunti alla deviazione per Spriana, preavvisata a suo tempo la Comunità Montana, si percorre il nuovo tratto del Sentiero Rusca non ancora collaudato e si attraversa il Mallero su un suggestivo ponte. Unanimemente si loda l’iniziativa della Comunità Montana che evita il cammino sulla pericolosa strada provinciale.
Giunti a Tornadù di Torre Santa Maria, siamo accolti dal suono della campana della bella chiesetta dedicata a San Francesco d’Assisi e da Giovanni Tornadù che si sente onorato dalla nostra sosta.
Don Marco legge sulle pareti e sulla volta della chiesetta il “ Cantico delle creature”; si esegue anche una strofa del canto: “ Laudato sii mi Signore” e si prosegue per le frazioni di Sant’Anna e di Basci. Il gruppo per un attimo si divide in gruppetti, per motivi istituzionali dice qualcuno o forse perché il capogruppo, sentendo imminente l’arrivo della pioggia, ha accelerato il passo.
Accompagnati dalla pioggia si entra così in Chiesa in Valmalenco ( m.1.000) e si visita la chiesa parrocchiale dei Santi Giacomo e Filippo. Manco a dirlo, è don Alfonso a fare gli onori di casa e a spiegare che la chiesa è stata costruita dal 1644 per iniziativa di don Carlo Rusca, figlio di Cristoforo fratello del sacerdote martire. Del tempo di Nicolò Rusca e si pensa da lui anche usato, è invece il fonte battesimale che reca incisa la data 1612.
Presso la sede degli Alpini ci attende un pranzo abbondante e ben cucinato. Si sosta in allegria e si riparte asciutti e con rinnovato entusiasmo lungo Via Rusca. Nei pressi del ponte della frazione Curlo percorriamo l’antico sentiero storico della cavallera del Muretto che percorse anche Rusca prigioniero, dove le pietre fanno ancora intravedere i solchi lasciati dal passaggio dei carri. Superato uno sperone di roccia suggestivo anche se scivoloso, saliamo sulla strada carrozzabile che ci conduce alla località Fontanamora dove Nicolò Rusca secondo la tradizione si è abbeverato al ruscello che scende dalla montagna benedicendo il ruscello stesso. Presso la grande stele di serpentino scolpita dall’artista malenco Silvio Gaggi, appena posata per iniziativa dell’Amministrazione Comunale di Chiesa e donata dalla famiglia Negrini della vicina Ditta Celbas, si sosta in preghiera sotto una pioggerellina fastidiosa. Don Alfonso ricorda come la lapide sia stata benedetta dal cardinale Francesco Coccopalmerio l’11 agosto durante la sua visita in Valmalenco.
Si sale attraversando le antiche cave di piode del “ Giuel” e percorrendo a tratti il sentiero storico e a tratti la pista di fondo di scii si giunge a Carotte. Da qui in poi, fino a Chiareggio ( m. 1.612) è solamente “ sora acqua” che ci accompagna tra foschia e banchi di nebbia che si alzano dal vicino Mallero.
A Chiareggio è Miro Fiordi con moglie e figlia che ci accoglie alla presenza di un gruppo di turisti stranieri che faticano a capire tanto entusiasmo in un gruppo ormai fradicio. Don Marco ci lascia e ritorna a Sondrio.
Ma ecco pronta la cena servita nell’ospitale ed elegante Albergo Chiareggio da Livio Lenatti e familiari. Chi non conosce il gestore rimane meravigliato della cucina buona ed abbondante; chi già lo conosce rimane confermato nella sua convinzione. Intanto Miro inizia a inviare relazioni e foto alla stampa e così continua anche nei due giorni successivi come corrispondente estero!
La sera ci si ritrova nella chiesa di Sant’Anna per la preghiera di compieta con un ricordo di suffragio per il cardinale Carlo Maria Martini, uomo di fede e di dialogo, morto il giorno precedente.
Il gruppo trova ospitalità presso il bell’ Hotel Gembro. Unico rimorso: il pensiero alla cena frugale e al pernottamento da prigioniero di Rusca presso l’Osteria del Bosco che osserviamo ancora in parte esistente nella “Tròna”.  


DOMENICA 2 SETTEMBRE

Puntuali alle ore 7,00 ci si trova nella chiesa di Sant’Anna per la celebrazione della Santa Messa festiva alla quale partecipa anche qualche abitante della località turistica. Sul sagrato si sosta poi per la foto di gruppo davanti alla lapide che ricorda il passaggio del Rusca il 25 luglio 1618.
La giornata promette bene e il sole già illumina la bella parete nord del Pizzo Disgrazia scalato per la prima volta dagli inglesi 150 anni fa.
Si parte alla volta del Passo del Muretto; guida tecnica fino alla fine del pellegrinaggio è ora Franco Giuliani che ha studiato a lungo il percorso anche con diversi sopralluoghi durante l’estate. Oltrepassata l’Alpe dell’Oro, veniamo ristorati dalla famiglia Palotti e da altri associati dell’ Azione Cattolica di Sondrio che ci accolgono con simpatia e cordialità. Solo pochissimi sapevano di questa iniziativa. Perfino lo scrivente era all’oscuro! Gli stessi avrebbero poi accolto e ristorati di nuovo i pellegrini dei due giorni al loro ritorno.
Si prosegue con lena; anche Suor Imelda benché indossi l’abito ingombrante, tiene il passo.
L’ultimo tratto è sulla neve fresca. Il don vuole accanto a sé per sicurezza sua e di loro i più giovani del gruppo Francesco, Benedetta, Jacopo.
Eccoci finalmente al Passo del Muretto ( m. 2.562). I cellulari faticano a captare segnali o tacciono del tutto; ci sentiamo isolati dal mondo ed esposti alle correnti d’aria ma ancora più vicini a Dio. Ci si ripara dietro grossi massi per consumare la colazione al sacco. The e caffè riscaldano i pellegrini; solo acqua calda diverte tanto Colomba e Vincenza, le magnane del gruppo. Ovviamente si prega e si ricorda Rusca che da qui è transitato; si scattano innumerevoli foto. Alcuni volontari incollano sull’apposito pannello una nuova cartina che riproduce il sentiero Rusca sovrapponendolo a quello precedente che mano ignota ma di certo senza cultura storica e senso civico ha in parte rovinato. I bordi del cartello non coincidono, ma almeno parte del danno è cancellato! Dopo i saluti e gli auguri di rito, il gruppo si divide in due; una parte riprende da via del ritorno verso Chiareggio e Sondrio, l’atra entra in Svizzera imboccando subito dopo il Passo il ripido sentiero reso ancora più scivoloso dalla neve fresca. Presto si raggiunge un pellegrino fuggitivo, intento a scattare foto, non subito riconosciuto e salutato dallo scrivente come un estraneo. Giuliano Tempra sarebbe poi diventato il fotografo ufficiale.
Presso il bel lago di Cavloc ( m. 1.911) si fa sosta per ammirare il panorama e per alcuni bere una birretta.
Ma eccoci ormai in vista del Passo del Maloja ( m. 1.815), importante valico fina dall’epoca romana. Troviamo cordiale ospitalità presso Cà Salecina centro di formazione e di vacanze autogestito, fondato da Amelie e Theo Pinkus nel 1971 a seguito dei movimenti operai e sindacali del ’68, ma aperto a tutte le culture e le nazionalità, e quindi anche a noi. Le responsabili della casa, già sapevano delle caratteristiche e della finalità del nostro gruppo perché preavvisate da don Alfonso in sopralluogo effettuato il 5 giugno. Ci si sistema nella camere ( con divisione tra maschi e femmine seconda la nostra saggia tradizione italiana!) e si cena allegramente. C’è la disponibilità anche a prestare servizio in cucina, ma altri hanno già provveduto e così pochi possono dare una mano. L’iniziativa che più si ricorderà e che merita di essere in parte ripetuta anche sui nostri rifugi, è la “coordinazione”, cioè il ritrovarsi insieme al suono di un campanaccio di tutti gli ospiti nel locale più ampio della casa, per fare conoscenza reciproca e per la divisione dei servizi. Per il nostro gruppo prende la parola don Alfonso che, oltre un breve accenno a Nicolò Rusca, parla del desiderio ecumenico di superare le divisioni del passato tra cattolici e riformati. L’elegante e dolce parlata italiana viene tradotta nella dotta e gutturale lingua tedesca. Quando gli ospiti della casa si disperdono, alcuni nostri pellegrini chiacchierano a lungo con una famiglia che ha parenti a Sondrio. Ci si sente così un po’ a casa! Poi il nostro gruppo si ritrova ancora insieme per ascoltare, nonostante la stanchezza, una relazione di don Alfonso su Nicolò Rusca e l’epoca storica in cui è vissuto. La notte, qualcuno dorme; qualcuno veglia allietato! dalle tonalità ora basse ora baritonali simili al suono emesso delle canne aperte dalla pedaliera dell’organo.

LUNEDI 3 SETTEMBRE
Al mattino però siamo tutti in forma e pronti a salire l’erto sentiero che ci fa raggiungere il Lago Lunghin dopo aver oltrepassato alcune mucche scozzesi dal folto pelo. Da qui possiamo ammirare, anche se avvolte in parte dalla nebbia, la ghiacciata parete nord del Pizzo Roseg, il Pizzo Scerscen, il Pizzo Bernina, insomma il versante svizzero delle montagne dell’alta Valmalenco. Continuiamo il cammino sulla neve fresca e raggiungiamo il Passo Lunghin ( m. 2.645) e sostiamo presso il cippo che ricorda come in quella zona hanno origini le sorgenti del Reno, del Danubio e del Mera che scende in Italia. Per un attimo ci sentiamo al centro dell’Europa. Il don ricorda che al di là delle montagne della Val di Lei che vediamo di fronte, alla Motta di Campodolcino in riferimento anche ai fiumi ricordati sopra, esiste una grande statua di Maria venerata con il titolo di Madonna d’Europa. Insomma, una bella testimonianza anche per chi non vuole riconoscere le origini cristiane del nostro continente. Il freddo qui si fa sentire; lentamente si scende verso il Passo del Settimo sempre camminando sulla neve, e trovato uno spazio asciutto, finalmente si mangia. Al Passo ( m. 2.310) facciamo sosta presso la lapide che ricorda il passaggio di San Colombano ( 543 – 615 ) monaco irlandese, evangelizzatore anche della Valtellina, e fondatore del monastero di Bobbio.
Alcuni viandanti che incrociamo, parlando un po’ in tedesco e un po’ in francese, si rallegrano del fatto che due sacerdoti siano in cammino con i laici; rispondiamo che la cosa per noi in Italia è abbastanza consueta. Si sosta brevemente in preghiera. Don Alfonso, osservando la zona, manifesta ancora di più la sua convinzione che Rusca prigioniero sia transitato proprio da qui risalendo da Casaccia in Val Bregaglia.
Per una comoda strada militare, completamente deserta, scendiamo verso Bivio ( m. 1.769) recitando il Santo Rosario e cantando alla fine la Salve Regina. L’eco della preghiera si perde tra i monti in una zona che vede le esercitazioni militari di una nazione che pure di dichiara neutrale!
Prima di entrare nell’abitato di Bivio, salutiamo la famiglia Fiordi che con rincrescimento ci deve lasciare; si interrompono così anche i comunicati stampa quasi in tempo reale. In compenso ritroviamo l’autista del nostro pulmino con la moglie Assunta.
In paese incrociamo il traffico, anche pesante, diretto al Passo dello Julier e raggiungiamo l’Hotel Guidon. Il titolare e il personale è molto gentile con noi. Abbondante anche la cena dopo la quale in veranda Floriana Valenti tiene una dotta lezione sulle dispute sostenute dal Rusca con i Riformati a Sondrio ( 1592), a Tirano ( 1595), a Piuro ( 1597). Quando il gruppo si scoglie, alcuni sostano ancora presso il bar dell’hotel. Il sottoscritto si ferma a parlare con tre giovani ( due italiani di Milano e Bari e uno portoghese), che lavorano negli alberghi della zona. Mi chiedono se nel mio gruppo ci sono ragazze. Li deludo. Mi fanno tenerezza vedendoli così soli e come compagnia solo birra e grappa! Il nostro gruppo stavolta si separa e maschi e femmine alloggiano in due caseggiati diversi, pur con qualche eccezione!

MARTEDI 4 SETTEMBRE
E’ il giorno più faticoso. Percorriamo la Via Sumirana, il sentiero n° 64 molto panoramico ma lungo che ci fa salire a quota 1977 dell’ Alp Flix per poi inoltraci in una valle stretta attraversata da due grossi torrenti gemelli e scendere fino a Tinizong a quota 1232. In compenso contempliamo panorami stupendi, prati ben falciati, malghe con le bestie e in basso il lago/diga di Marmorera. Dall’alto ci osserva un’ aquila e un camoscio. Con nostra grande meraviglia, numerosi sono i segni religiosi, anche della tradizione cattolica con le raffigurazioni di Maria e dei Santi, ben tenuti. Incrociamo anche gruppi di studenti in gita d’istruzione. Ci salutiamo più con lo sguardo che con le parole. Unica nota stonata qualche goccia d’acqua e due caccia militari che, sopra le nuvole, volteggiano insistenti e monotoni tutta la giornata.
Raggiunto il fondovalle, quando ormai crediamo di essere giunti al termine del cammino, ci accorgiamo che Savognin è ancora lontano. Lungo un sentiero saliscendi attraversiamo prati e boschi. Qualcuno inizia pure a borbottare. Finalmente raggiungiamo il bel paese di Savognin ( m. 1207) dove troviamo il nostro pulmino, stasera proprio atteso e desiderato. Qualcuno vorrebbe proseguire a piedi. Freno l’entusiasmo di questi e propongo di raggiungere al più presto in pulmino Tiefencastel per la celebrazione della Santa Messa nel giorno preciso della morte di Nicolò Rusca. La proposta viene accolta. Mentre attendo con il resto del gruppo il pulmino per il secondo viaggio, ammiro la moderna Via Crucis che si snoda lungo una via del paese e la bella chiesa di San Michele con il campanile altissimo a forma di guglia. Fotografo le locandine esposte in luogo pubblico con gli orari delle Sante Messe celebrate nelle diverse chiese cattoliche e gli orari delle funzioni del culto protestante. C’è sempre da imparare.
A Tiefencastel ( m.851) veniamo alloggiati negli alberghi Albula e Julier. La Santa Messa viene celebrata in una sala dell’hotel messa gentilmente a nostra disposizione dal titolare che ha un fratello sacerdote presso il santuario della Madonna del Sasso a Locarno. Preside la celebrazione don Tullio che detta un pensiero di meditazione e parla con entusiasmo delle chiese da lui visitate a Savognin in attesa del nostro arrivo. La cena è buona e abbondante e ancora una volta vengono smentite le nostre previsioni circa la cucina svizzera. Viene a trovarci un paesano malenco, di professione idraulico, conosciuto da alcuni di noi.
Dopo cena mi intrattengo a lungo con il titolare degli alberghi, il sig. Rico Schòller e sua moglie. Sorseggiando un buon bicchiere di vino, parliamo di storia e gli offro il libro di Saveria Masa: “ Fra curati cattolici e ministri riformati Nicolò Rusca e il rinnovamento tridentino Valmalenco”. Lascio il mio interlocutore sbalordito, quando racconto che la morte del Rusca coincide con la caduta della grossa frana che ha sepolto l’abitato di Piuro passato tutto al Protestantesimo. Alle ore 22 faccio in tempo a visitare la chiesa cattolica del borgo ancora aperta a quell’ora. Il sonno non si fa attendere.

MERCOLEDI 5 SETTEMBRE
Oggi il sole sembra più convinto del solito anche se concordiamo tra noi che il cielo velato dei giorni precedenti ci ha permesso di camminare più freschi. Riprendiamo il viaggio. A Mistail visitiamo l’antichissima e suggestiva chiesa di San Pietro con preziosi affreschi. Sul fianco della chiesa osserviamo l’ossario con le ossa dei monaci che un tempo abitavano nel locale monastero. Ci si incammina alla volta di Thusis ma non essendoci sentieri sul fondovalle a fianco della strada e della ferrovia, siamo obbligati a salire di nuovo a quota 1.085 tra prati verdissimi e graziose frazioni. Incrociamo un folto gruppo di ciclisti; scambiamo qualche parola. A volte chiediamo spiegazioni alle persone che incontriamo; a volte cerchiamo di intuire il sentiero giusto e facciamo di testa nostra! Passato un dosso, scorgiamo in lontananza Thusis, la meta del nostro pellegrinaggio. Siamo a metà mattinata; l’avremmo raggiunto però solo verso le ore 15,00. Chiamo spesso Francesco, il più giovane della comitiva, a venire nelle prime posizioni; stupendo, ha sempre tenuto il passo, non voglio che ceda proprio ora.
In questo tratto, il paesaggio si fa quasi spettrale. Camminiamo sul fianco della montagna che scende a precipizio in una gola strettissima. In basso scorgiamo il torrente, la strada e la ferrovia paralleli tra di loro. In alto dalla roccia biancastra e friabile, si staccano sassi che invadono il sentiero; meglio affrettare il passo. Ad un certo punto il sentiero entra in una galleria che si illumina la nostro passaggio rilevato dalle fotocellule. Ci sentiamo come bambini in vena di giocare.
Facciamo sosta per il pranzo presso una fontanella. Sul posto gli svizzeri hanno provveduto anche ai bisogni corporali e, a turno, ne approfittiamo! Ora il sentiero si fa più sicuro ma diventa scosceso e ci porta sul fondovalle. Incrociamo di nuovo ciclisti ma con la bicicletta sulle spalle.
A Sils Im Domleschg ammiriamo la grande centrale idroelettrica alimentata dalle acque che scendono dalla Val di Lei. Un s.m.s inviato da Luca De Censi a tutto il gruppo, ci conferma che in Italia qualcuno si ricorda di noi.
Ad un bivio, siamo incerti che strada percorrere per arrivare a Thusis. Finiamo col prendere la più lunga, ma poco importa, l’entusiasmo è ormai alle stelle. Incrociando strade, la ferrovia e l’autostrada che porta a Coira, giungiamo nel centro di Thusis e subito sostiamo all’esterno del palazzo dove una setta di riformati calvinisti, instaurato un tribunale speciale, ha tenuto prigioniero e interrogato sotto tortura fino a farlo morire Nicolò Rusca. Il palazzo è in stato di degrado benché abitato da famiglie portoghesi. L’atrio, elegante nelle forme con belle colonne di granito e un’ampia scala che conduce ai piani superiori, è pieno di sporcizia. Sostiamo in silenzio e in preghiera.
Camminiamo poi alla volta della chiesa cattolica di Gesù Buon Pastore, la nostra ultima meta. A braccia aperte ci accoglie il diacono Giovanni Crameri che per anni ha retto la parrocchia.
Con lui stanno il nostro autista con la moglie e don Tullio. Ci attendono anche il sindaco di Chiesa con la sorella e il papà di Francesco.
Troviamo ospitalità nel centro parrocchiale per rinfrescarci e per una veloce merenda. Alle ore 16,00 celebriamo la Santa Messa. Le letture del giorno sono particolarmente appropriate. La prima lettura parla delle divisioni che c’erano nella Chiesa di Corinto e dell’esortazione accorata di San Paolo a trovare l’unità ( 1 Cor. 3, 1 – 9). L’invito vale anche ai nostri giorni per superare i contrasti del passato e del presente tra Cattolici e Protestanti. Il Vangelo ( Lc. 4, 38 – 44 ) parla di Gesù che va nella casa di Pietro e guarisce la suocera; è un invito a trovare di nuovo Gesù nella casa del successore di Pietro per lasciarci guarire e perdonare da lui. Si prega anche Maria la cui statua sta vicino all’ingresso della sacrestia. Don Alfonso spiega che onorare Maria vuol dire essere fedeli al vangelo che dice: “ D’ora in poi tutte le generazioni mi chiameranno beata” ( Lc. 1,48). Ogni generazione in ogni luogo quindi se vuole essere fedele alla Parola deve realizzare la profezia di Maria.
Al termine della celebrazione ci raggiunge anche padre Frensis, il nuovo parroco di origine indiana appena arrivato in parrocchia. Parla solo tedesco e inglese e sembra ancora un po’ spaesato. Ci dice che deve imparare ancora molte cose. Il sindaco gli offre alcuni libri della Valmalenco; don Alfonso offre la riproduzione del logo della beatificazione del Rusca.
Seguono foto in quantità e si ritorna, stavolta con il gruppo al completo, di nuovo al luogo del martirio del Rusca e dopo la preghiera e un sorso di birra, ci si distribuisce sui diversi mezzi per tornare a casa. Don Alfonso, in un momento di pausa, fa in tempo a intrattenersi privatamente con il diacono Giovanni per conoscere l’organizzazione della Chiesa Cattolica e Riformata oggi in Svizzera. Pur tra le diverse difficoltà che incontrano le due Confessioni religiose, il diacono sottolinea come ci sia una bella collaborazione tra Cattolici e Protestanti nella catechesi che viene tenuta nei locali della scuola pubblica e nelle opere di carità.
Del memorabile pellegrinaggio rimane ora un bel ricordo, la voglia di rimetterci in cammino, una fede rinnovata in preparazione al rito di Beatificazione del Rusca ( Sondrio, 21 aprile 2013 ore 15,30 in piazza Garibaldi), l’attestato con il timbro rosso del vescovo Diego.

don Alfonso Rossi


Chiesa in Valmalenco, 13 ottobre 2012 incontro dei pellegrini “ Sulle orme di Nicolò Rusca”.

 

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