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COMITATO NICOLO’
RUSCA
UFFICIO PELLEGRINAGGI DIOCESI DI COMO
VICARIATO SONDRIO-VALMALENCO
Pellegrinaggio breve: Sondrio – Passo del
Muretto 1 – 2 settembre
Pellegrinaggio lungo: Sondrio – Thusis 1 – 5
settembre
Vedi la locandina del
pellegrinaggio
SABATO 1 SETTEMBRE
Alle ore 7,15 un buon numero di fedeli, tra cui
i pellegrini, si ritrovano nella chiesa dei SS.
Gervasio e Protasio di Sondrio ( m. 298) per la
celebrazione della Santa Messa. Concelebrano
l’arciprete di Sondrio mons. Marco Zubiani, don
Tullio Schivalocchi arciprete di Montagna, don
Alfonso Rossi prevosto di Chiesa in Valmalenco e
di Primolo. Si prega per il vescovo Diego nella
memoria liturgica dei Santi Vescovi della
Diocesi di Como. All’omelia don Alfonso,
commentando il vangelo ( Mt. 25, 14 – 30),
spiega come i talenti sono i diversi giorni (
uno, due, cinque), che ognuno potrà vivere
durante il pellegrinaggio come occasione e
Grazia del Signore per fare gruppo, pregare,
ammirare la natura, ricordare Nicolò Rusca
arciprete di Sondrio e della Valmalenco.
Dopo la S. Messa e una veloce colazione, il
gruppo di circa trenta persone tra cui il
sindaco di Chiesa in Valmalenco dottoressa
Miriam Longhini, si compatta per la foto di
gruppo. Gli zaini pesanti vengono caricati sul
pulmino della Associazione Bianco guidato da
Pietro Pedrotti. Ci avrebbe sempre accompagnato
nel viaggio fino a Thusis per il carico bagagli
e per dare un passaggio ai pellegrini stanchi.
Si fa conoscenza reciproca ( il gruppo
eterogeneo va dai 77 ai 14 anni!) e si imbocca
il Sentiero Rusca lungo via Scarpatetti. Nella
Sondrio ancora addormentata, chi sa
dell’iniziativa si affaccia alla finestra e
saluta. Per questo tratto di strada guida il
gruppo Martelli Nicola; per tutti i cinque
giorni però il passo da montanaro, cadenzato e
costante, è segnato da don Alfonso.
A Ponchiera si prega davanti alla chiesa della
S.S. Trinità e don Alfonso ricorda l’incontro
tra Nicolò Rusca prigioniero e legato sotto la
pancia del cavallo ( così dice la tradizione
malenca) e il curato di Lanzada don Giovanni
Cilichini. La breve relazione spiega anche che
in Valmalenco quali collaboratori del Rusca
esercitavano il ministero, oltre il Cilichini,
due preti di grande cultura ed esempio di vita:
don Andrea Sasso, purtroppo morto prematuramente
a soli 29 anni e lo storico don Giovanni Tuana.
Un accenno viene riservato anche ai ministri
riformati Scipione Calandrino, Marcantonio Alba,
Gaudenzio Tackh presenti a quel tempo a Sondrio
e in Valmalenco.
Altra sosta è davanti alla poco conosciuta
chiesa di Sant’Andrea Avellino dalla facciata
incompleta, un tempo appartenente alla
parrocchia di Montagna e ora di proprietà
privata e non più adibita al culto.
Attraversando un bosco suggestivo anche se
interessato da una frana, si giunge ad Arquino,
si attraversa il Mallero che rumoreggia tra le
sovrastanti marmitte dei giganti e si sale lungo
l’ampio sentiero tra le vigne chiamato anche “
Piccolo Stelvio” perché si pensa l’abbia
tracciato l’ingegnere Carlo Donegani per
realizzare su scala ridotta la più famosa strada
della Valle del Braulio.
Giunti a Cà Cescina, è la stessa guida che
spiega le notizie riportate sopra e tiene un
breve relazione sulle antiche strade che
congiungevano Sondrio con la Valmalenco. Il
cielo nuvoloso che minaccia acqua non spegne
l’entusiasmo e la voglia di camminare.
Giunti alla deviazione per Spriana, preavvisata
a suo tempo la Comunità Montana, si percorre il
nuovo tratto del Sentiero Rusca non ancora
collaudato e si attraversa il Mallero su un
suggestivo ponte. Unanimemente si loda
l’iniziativa della Comunità Montana che evita il
cammino sulla pericolosa strada provinciale.
Giunti a Tornadù di Torre Santa Maria, siamo
accolti dal suono della campana della bella
chiesetta dedicata a San Francesco d’Assisi e da
Giovanni Tornadù che si sente onorato dalla
nostra sosta.
Don Marco legge sulle pareti e sulla volta della
chiesetta il “ Cantico delle creature”; si
esegue anche una strofa del canto: “ Laudato sii
mi Signore” e si prosegue per le frazioni di
Sant’Anna e di Basci. Il gruppo per un attimo si
divide in gruppetti, per motivi istituzionali
dice qualcuno o forse perché il capogruppo,
sentendo imminente l’arrivo della pioggia, ha
accelerato il passo.
Accompagnati dalla pioggia si entra così in
Chiesa in Valmalenco ( m.1.000) e si visita la
chiesa parrocchiale dei Santi Giacomo e Filippo.
Manco a dirlo, è don Alfonso a fare gli onori di
casa e a spiegare che la chiesa è stata
costruita dal 1644 per iniziativa di don Carlo
Rusca, figlio di Cristoforo fratello del
sacerdote martire. Del tempo di Nicolò Rusca e
si pensa da lui anche usato, è invece il fonte
battesimale che reca incisa la data 1612.
Presso la sede degli Alpini ci attende un pranzo
abbondante e ben cucinato. Si sosta in allegria
e si riparte asciutti e con rinnovato entusiasmo
lungo Via Rusca. Nei pressi del ponte della
frazione Curlo percorriamo l’antico sentiero
storico della cavallera del Muretto che percorse
anche Rusca prigioniero, dove le pietre fanno
ancora intravedere i solchi lasciati dal
passaggio dei carri. Superato uno sperone di
roccia suggestivo anche se scivoloso, saliamo
sulla strada carrozzabile che ci conduce alla
località Fontanamora dove Nicolò Rusca secondo
la tradizione si è abbeverato al ruscello che
scende dalla montagna benedicendo il ruscello
stesso. Presso la grande stele di serpentino
scolpita dall’artista malenco Silvio Gaggi,
appena posata per iniziativa
dell’Amministrazione Comunale di Chiesa e donata
dalla famiglia Negrini della vicina Ditta Celbas,
si sosta in preghiera sotto una pioggerellina
fastidiosa. Don Alfonso ricorda come la lapide
sia stata benedetta dal cardinale Francesco
Coccopalmerio l’11 agosto durante la sua visita
in Valmalenco.
Si sale attraversando le antiche cave di piode
del “ Giuel” e percorrendo a tratti il sentiero
storico e a tratti la pista di fondo di scii si
giunge a Carotte. Da qui in poi, fino a
Chiareggio ( m. 1.612) è solamente “ sora acqua”
che ci accompagna tra foschia e banchi di nebbia
che si alzano dal vicino Mallero.
A Chiareggio è Miro Fiordi con moglie e figlia
che ci accoglie alla presenza di un gruppo di
turisti stranieri che faticano a capire tanto
entusiasmo in un gruppo ormai fradicio. Don
Marco ci lascia e ritorna a Sondrio.
Ma ecco pronta la cena servita nell’ospitale ed
elegante Albergo Chiareggio da Livio Lenatti e
familiari. Chi non conosce il gestore rimane
meravigliato della cucina buona ed abbondante;
chi già lo conosce rimane confermato nella sua
convinzione. Intanto Miro inizia a inviare
relazioni e foto alla stampa e così continua
anche nei due giorni successivi come
corrispondente estero!
La sera ci si ritrova nella chiesa di Sant’Anna
per la preghiera di compieta con un ricordo di
suffragio per il cardinale Carlo Maria Martini,
uomo di fede e di dialogo, morto il giorno
precedente.
Il gruppo trova ospitalità presso il bell’ Hotel
Gembro. Unico rimorso: il pensiero alla cena
frugale e al pernottamento da prigioniero di
Rusca presso l’Osteria del Bosco che osserviamo
ancora in parte esistente nella “Tròna”.
DOMENICA 2
SETTEMBRE
Puntuali alle ore 7,00 ci si trova nella chiesa
di Sant’Anna per la celebrazione della Santa
Messa festiva alla quale partecipa anche qualche
abitante della località turistica. Sul sagrato
si sosta poi per la foto di gruppo davanti alla
lapide che ricorda il passaggio del Rusca il 25
luglio 1618.
La giornata promette bene e il sole già illumina
la bella parete nord del Pizzo Disgrazia scalato
per la prima volta dagli inglesi 150 anni fa.
Si parte alla volta del Passo del Muretto; guida
tecnica fino alla fine del pellegrinaggio è ora
Franco Giuliani che ha studiato a lungo il
percorso anche con diversi sopralluoghi durante
l’estate. Oltrepassata l’Alpe dell’Oro, veniamo
ristorati dalla famiglia Palotti e da altri
associati dell’ Azione Cattolica di Sondrio che
ci accolgono con simpatia e cordialità. Solo
pochissimi sapevano di questa iniziativa.
Perfino lo scrivente era all’oscuro! Gli stessi
avrebbero poi accolto e ristorati di nuovo i
pellegrini dei due giorni al loro ritorno.
Si prosegue con lena; anche Suor Imelda benché
indossi l’abito ingombrante, tiene il passo.
L’ultimo tratto è sulla neve fresca. Il don
vuole accanto a sé per sicurezza sua e di loro i
più giovani del gruppo Francesco, Benedetta,
Jacopo.
Eccoci finalmente al Passo del Muretto ( m.
2.562). I cellulari faticano a captare segnali o
tacciono del tutto; ci sentiamo isolati dal
mondo ed esposti alle correnti d’aria ma ancora
più vicini a Dio. Ci si ripara dietro grossi
massi per consumare la colazione al sacco. The e
caffè riscaldano i pellegrini; solo acqua calda
diverte tanto Colomba e Vincenza, le magnane del
gruppo. Ovviamente si prega e si ricorda Rusca
che da qui è transitato; si scattano
innumerevoli foto. Alcuni volontari incollano
sull’apposito pannello una nuova cartina che
riproduce il sentiero Rusca sovrapponendolo a
quello precedente che mano ignota ma di certo
senza cultura storica e senso civico ha in parte
rovinato. I bordi del cartello non coincidono,
ma almeno parte del danno è cancellato! Dopo i
saluti e gli auguri di rito, il gruppo si divide
in due; una parte riprende da via del ritorno
verso Chiareggio e Sondrio, l’atra entra in
Svizzera imboccando subito dopo il Passo il
ripido sentiero reso ancora più scivoloso dalla
neve fresca. Presto si raggiunge un pellegrino
fuggitivo, intento a scattare foto, non subito
riconosciuto e salutato dallo scrivente come un
estraneo. Giuliano Tempra sarebbe poi diventato
il fotografo ufficiale.
Presso il bel lago di Cavloc ( m. 1.911) si fa
sosta per ammirare il panorama e per alcuni bere
una birretta.
Ma eccoci ormai in vista del Passo del Maloja (
m. 1.815), importante valico fina dall’epoca
romana. Troviamo cordiale ospitalità presso Cà
Salecina centro di formazione e di vacanze
autogestito, fondato da Amelie e Theo Pinkus nel
1971 a seguito dei movimenti operai e sindacali
del ’68, ma aperto a tutte le culture e le
nazionalità, e quindi anche a noi. Le
responsabili della casa, già sapevano delle
caratteristiche e della finalità del nostro
gruppo perché preavvisate da don Alfonso in
sopralluogo effettuato il 5 giugno. Ci si
sistema nella camere ( con divisione tra maschi
e femmine seconda la nostra saggia tradizione
italiana!) e si cena allegramente. C’è la
disponibilità anche a prestare servizio in
cucina, ma altri hanno già provveduto e così
pochi possono dare una mano. L’iniziativa che
più si ricorderà e che merita di essere in parte
ripetuta anche sui nostri rifugi, è la
“coordinazione”, cioè il ritrovarsi insieme al
suono di un campanaccio di tutti gli ospiti nel
locale più ampio della casa, per fare conoscenza
reciproca e per la divisione dei servizi. Per il
nostro gruppo prende la parola don Alfonso che,
oltre un breve accenno a Nicolò Rusca, parla del
desiderio ecumenico di superare le divisioni del
passato tra cattolici e riformati. L’elegante e
dolce parlata italiana viene tradotta nella
dotta e gutturale lingua tedesca. Quando gli
ospiti della casa si disperdono, alcuni nostri
pellegrini chiacchierano a lungo con una
famiglia che ha parenti a Sondrio. Ci si sente
così un po’ a casa! Poi il nostro gruppo si
ritrova ancora insieme per ascoltare, nonostante
la stanchezza, una relazione di don Alfonso su
Nicolò Rusca e l’epoca storica in cui è vissuto.
La notte, qualcuno dorme; qualcuno veglia
allietato! dalle tonalità ora basse ora
baritonali simili al suono emesso delle canne
aperte dalla pedaliera dell’organo.
LUNEDI 3
SETTEMBRE
Al mattino però siamo tutti in forma e pronti a
salire l’erto sentiero che ci fa raggiungere il
Lago Lunghin dopo aver oltrepassato alcune
mucche scozzesi dal folto pelo. Da qui possiamo
ammirare, anche se avvolte in parte dalla
nebbia, la ghiacciata parete nord del Pizzo
Roseg, il Pizzo Scerscen, il Pizzo Bernina,
insomma il versante svizzero delle montagne
dell’alta Valmalenco. Continuiamo il cammino
sulla neve fresca e raggiungiamo il Passo
Lunghin ( m. 2.645) e sostiamo presso il cippo
che ricorda come in quella zona hanno origini le
sorgenti del Reno, del Danubio e del Mera che
scende in Italia. Per un attimo ci sentiamo al
centro dell’Europa. Il don ricorda che al di là
delle montagne della Val di Lei che vediamo di
fronte, alla Motta di Campodolcino in
riferimento anche ai fiumi ricordati sopra,
esiste una grande statua di Maria venerata con
il titolo di Madonna d’Europa. Insomma, una
bella testimonianza anche per chi non vuole
riconoscere le origini cristiane del nostro
continente. Il freddo qui si fa sentire;
lentamente si scende verso il Passo del Settimo
sempre camminando sulla neve, e trovato uno
spazio asciutto, finalmente si mangia. Al Passo
( m. 2.310) facciamo sosta presso la lapide che
ricorda il passaggio di San Colombano ( 543 –
615 ) monaco irlandese, evangelizzatore anche
della Valtellina, e fondatore del monastero di
Bobbio.
Alcuni viandanti che incrociamo, parlando un po’
in tedesco e un po’ in francese, si rallegrano
del fatto che due sacerdoti siano in cammino con
i laici; rispondiamo che la cosa per noi in
Italia è abbastanza consueta. Si sosta
brevemente in preghiera. Don Alfonso, osservando
la zona, manifesta ancora di più la sua
convinzione che Rusca prigioniero sia transitato
proprio da qui risalendo da Casaccia in Val
Bregaglia.
Per una comoda strada militare, completamente
deserta, scendiamo verso Bivio ( m. 1.769)
recitando il Santo Rosario e cantando alla fine
la Salve Regina. L’eco della preghiera si perde
tra i monti in una zona che vede le
esercitazioni militari di una nazione che pure
di dichiara neutrale!
Prima di entrare nell’abitato di Bivio,
salutiamo la famiglia Fiordi che con
rincrescimento ci deve lasciare; si interrompono
così anche i comunicati stampa quasi in tempo
reale. In compenso ritroviamo l’autista del
nostro pulmino con la moglie Assunta.
In paese incrociamo il traffico, anche pesante,
diretto al Passo dello Julier e raggiungiamo
l’Hotel Guidon. Il titolare e il personale è
molto gentile con noi. Abbondante anche la cena
dopo la quale in veranda Floriana Valenti tiene
una dotta lezione sulle dispute sostenute dal
Rusca con i Riformati a Sondrio ( 1592), a
Tirano ( 1595), a Piuro ( 1597). Quando il
gruppo si scoglie, alcuni sostano ancora presso
il bar dell’hotel. Il sottoscritto si ferma a
parlare con tre giovani ( due italiani di Milano
e Bari e uno portoghese), che lavorano negli
alberghi della zona. Mi chiedono se nel mio
gruppo ci sono ragazze. Li deludo. Mi fanno
tenerezza vedendoli così soli e come compagnia
solo birra e grappa! Il nostro gruppo stavolta
si separa e maschi e femmine alloggiano in due
caseggiati diversi, pur con qualche eccezione!
MARTEDI 4
SETTEMBRE
E’ il giorno più faticoso. Percorriamo la Via
Sumirana, il sentiero n° 64 molto panoramico ma
lungo che ci fa salire a quota 1977 dell’ Alp
Flix per poi inoltraci in una valle stretta
attraversata da due grossi torrenti gemelli e
scendere fino a Tinizong a quota 1232. In
compenso contempliamo panorami stupendi, prati
ben falciati, malghe con le bestie e in basso il
lago/diga di Marmorera. Dall’alto ci osserva un’
aquila e un camoscio. Con nostra grande
meraviglia, numerosi sono i segni religiosi,
anche della tradizione cattolica con le
raffigurazioni di Maria e dei Santi, ben tenuti.
Incrociamo anche gruppi di studenti in gita
d’istruzione. Ci salutiamo più con lo sguardo
che con le parole. Unica nota stonata qualche
goccia d’acqua e due caccia militari che, sopra
le nuvole, volteggiano insistenti e monotoni
tutta la giornata.
Raggiunto il fondovalle, quando ormai crediamo
di essere giunti al termine del cammino, ci
accorgiamo che Savognin è ancora lontano. Lungo
un sentiero saliscendi attraversiamo prati e
boschi. Qualcuno inizia pure a borbottare.
Finalmente raggiungiamo il bel paese di Savognin
( m. 1207) dove troviamo il nostro pulmino,
stasera proprio atteso e desiderato. Qualcuno
vorrebbe proseguire a piedi. Freno l’entusiasmo
di questi e propongo di raggiungere al più
presto in pulmino Tiefencastel per la
celebrazione della Santa Messa nel giorno
preciso della morte di Nicolò Rusca. La proposta
viene accolta. Mentre attendo con il resto del
gruppo il pulmino per il secondo viaggio, ammiro
la moderna Via Crucis che si snoda lungo una via
del paese e la bella chiesa di San Michele con
il campanile altissimo a forma di guglia.
Fotografo le locandine esposte in luogo pubblico
con gli orari delle Sante Messe celebrate nelle
diverse chiese cattoliche e gli orari delle
funzioni del culto protestante. C’è sempre da
imparare.
A Tiefencastel ( m.851) veniamo alloggiati negli
alberghi Albula e Julier. La Santa Messa viene
celebrata in una sala dell’hotel messa
gentilmente a nostra disposizione dal titolare
che ha un fratello sacerdote presso il santuario
della Madonna del Sasso a Locarno. Preside la
celebrazione don Tullio che detta un pensiero di
meditazione e parla con entusiasmo delle chiese
da lui visitate a Savognin in attesa del nostro
arrivo. La cena è buona e abbondante e ancora
una volta vengono smentite le nostre previsioni
circa la cucina svizzera. Viene a trovarci un
paesano malenco, di professione idraulico,
conosciuto da alcuni di noi.
Dopo cena mi intrattengo a lungo con il titolare
degli alberghi, il sig. Rico Schòller e sua
moglie. Sorseggiando un buon bicchiere di vino,
parliamo di storia e gli offro il libro di
Saveria Masa: “ Fra curati cattolici e ministri
riformati Nicolò Rusca e il rinnovamento
tridentino Valmalenco”. Lascio il mio
interlocutore sbalordito, quando racconto che la
morte del Rusca coincide con la caduta della
grossa frana che ha sepolto l’abitato di Piuro
passato tutto al Protestantesimo. Alle ore 22
faccio in tempo a visitare la chiesa cattolica
del borgo ancora aperta a quell’ora. Il sonno
non si fa attendere.
MERCOLEDI 5
SETTEMBRE
Oggi il sole sembra più convinto del solito
anche se concordiamo tra noi che il cielo velato
dei giorni precedenti ci ha permesso di
camminare più freschi. Riprendiamo il viaggio. A
Mistail visitiamo l’antichissima e suggestiva
chiesa di San Pietro con preziosi affreschi. Sul
fianco della chiesa osserviamo l’ossario con le
ossa dei monaci che un tempo abitavano nel
locale monastero. Ci si incammina alla volta di
Thusis ma non essendoci sentieri sul fondovalle
a fianco della strada e della ferrovia, siamo
obbligati a salire di nuovo a quota 1.085 tra
prati verdissimi e graziose frazioni. Incrociamo
un folto gruppo di ciclisti; scambiamo qualche
parola. A volte chiediamo spiegazioni alle
persone che incontriamo; a volte cerchiamo di
intuire il sentiero giusto e facciamo di testa
nostra! Passato un dosso, scorgiamo in
lontananza Thusis, la meta del nostro
pellegrinaggio. Siamo a metà mattinata;
l’avremmo raggiunto però solo verso le ore
15,00. Chiamo spesso Francesco, il più giovane
della comitiva, a venire nelle prime posizioni;
stupendo, ha sempre tenuto il passo, non voglio
che ceda proprio ora.
In questo tratto, il paesaggio si fa quasi
spettrale. Camminiamo sul fianco della montagna
che scende a precipizio in una gola
strettissima. In basso scorgiamo il torrente, la
strada e la ferrovia paralleli tra di loro. In
alto dalla roccia biancastra e friabile, si
staccano sassi che invadono il sentiero; meglio
affrettare il passo. Ad un certo punto il
sentiero entra in una galleria che si illumina
la nostro passaggio rilevato dalle fotocellule.
Ci sentiamo come bambini in vena di giocare.
Facciamo sosta per il pranzo presso una
fontanella. Sul posto gli svizzeri hanno
provveduto anche ai bisogni corporali e, a
turno, ne approfittiamo! Ora il sentiero si fa
più sicuro ma diventa scosceso e ci porta sul
fondovalle. Incrociamo di nuovo ciclisti ma con
la bicicletta sulle spalle.
A Sils Im Domleschg ammiriamo la grande centrale
idroelettrica alimentata dalle acque che
scendono dalla Val di Lei. Un s.m.s inviato da
Luca De Censi a tutto il gruppo, ci conferma che
in Italia qualcuno si ricorda di noi.
Ad un bivio, siamo incerti che strada percorrere
per arrivare a Thusis. Finiamo col prendere la
più lunga, ma poco importa, l’entusiasmo è ormai
alle stelle. Incrociando strade, la ferrovia e
l’autostrada che porta a Coira, giungiamo nel
centro di Thusis e subito sostiamo all’esterno
del palazzo dove una setta di riformati
calvinisti, instaurato un tribunale speciale, ha
tenuto prigioniero e interrogato sotto tortura
fino a farlo morire Nicolò Rusca. Il palazzo è
in stato di degrado benché abitato da famiglie
portoghesi. L’atrio, elegante nelle forme con
belle colonne di granito e un’ampia scala che
conduce ai piani superiori, è pieno di
sporcizia. Sostiamo in silenzio e in preghiera.
Camminiamo poi alla volta della chiesa cattolica
di Gesù Buon Pastore, la nostra ultima meta. A
braccia aperte ci accoglie il diacono Giovanni
Crameri che per anni ha retto la parrocchia.
Con lui stanno il nostro autista con la moglie e
don Tullio. Ci attendono anche il sindaco di
Chiesa con la sorella e il papà di Francesco.
Troviamo ospitalità nel centro parrocchiale per
rinfrescarci e per una veloce merenda. Alle ore
16,00 celebriamo la Santa Messa. Le letture del
giorno sono particolarmente appropriate. La
prima lettura parla delle divisioni che c’erano
nella Chiesa di Corinto e dell’esortazione
accorata di San Paolo a trovare l’unità ( 1 Cor.
3, 1 – 9). L’invito vale anche ai nostri giorni
per superare i contrasti del passato e del
presente tra Cattolici e Protestanti. Il Vangelo
( Lc. 4, 38 – 44 ) parla di Gesù che va nella
casa di Pietro e guarisce la suocera; è un
invito a trovare di nuovo Gesù nella casa del
successore di Pietro per lasciarci guarire e
perdonare da lui. Si prega anche Maria la cui
statua sta vicino all’ingresso della sacrestia.
Don Alfonso spiega che onorare Maria vuol dire
essere fedeli al vangelo che dice: “ D’ora in
poi tutte le generazioni mi chiameranno beata” (
Lc. 1,48). Ogni generazione in ogni luogo quindi
se vuole essere fedele alla Parola deve
realizzare la profezia di Maria.
Al termine della celebrazione ci raggiunge anche
padre Frensis, il nuovo parroco di origine
indiana appena arrivato in parrocchia. Parla
solo tedesco e inglese e sembra ancora un po’
spaesato. Ci dice che deve imparare ancora molte
cose. Il sindaco gli offre alcuni libri della
Valmalenco; don Alfonso offre la riproduzione
del logo della beatificazione del Rusca.
Seguono foto in quantità e si ritorna, stavolta
con il gruppo al completo, di nuovo al luogo del
martirio del Rusca e dopo la preghiera e un
sorso di birra, ci si distribuisce sui diversi
mezzi per tornare a casa. Don Alfonso, in un
momento di pausa, fa in tempo a intrattenersi
privatamente con il diacono Giovanni per
conoscere l’organizzazione della Chiesa
Cattolica e Riformata oggi in Svizzera. Pur tra
le diverse difficoltà che incontrano le due
Confessioni religiose, il diacono sottolinea
come ci sia una bella collaborazione tra
Cattolici e Protestanti nella catechesi che
viene tenuta nei locali della scuola pubblica e
nelle opere di carità.
Del memorabile pellegrinaggio rimane ora un bel
ricordo, la voglia di rimetterci in cammino, una
fede rinnovata in preparazione al rito di
Beatificazione del Rusca ( Sondrio, 21 aprile
2013 ore 15,30 in piazza Garibaldi), l’attestato
con il timbro rosso del vescovo Diego.
don Alfonso
Rossi
Chiesa in Valmalenco, 13 ottobre 2012 incontro
dei pellegrini “ Sulle orme di Nicolò Rusca”.
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